mercoledì 28 maggio 2008

La Scomparssa di Mons. Luca Milesi

Mons. LUCA MILESI nato a S. Giovanni Bianco nel 1924, è entrato nell’ordine del Frati Cappuccini nel 1937, nel 1945 emette i voti religiosi e nel 1950 è stato ordinato Sacerdote. Nel 1952 parte per l’Eritrea dove per molti anni è Rettore del Seminario Maggiore. Nel 1971 il Papa lo nomina Amministratore Apostolico di Asmara (Responsabile dei cattolici eritrei di rito latino). Una vita trascorsa in Eritrea (per 30 anni segnata dalla guerra d’indipendenza dall’Etiopia), dove ha avviato molte opere tra le quali la costruzione del Seminario-Convento-Atudentato, la fondazione di un Centro di Studi e incontri ecumenici con la Chiesa etiopico-ortodossa, oltre alla creazione di scuole (dalle materne alle artigianali), dispensari, centri di assistenza per la donna e Case-famiglia per i profughi della guerra. Il 4 febbraio 1996 è ordinato EPARCA (=VESCOVO di rito Orientale Etiopico-Alessandrino) della Diocesi di BARENTU’. Morto il 22.06.2008 ad Asmara. Sara sepolto nella sua Eparchia di Barentu.

APPELLO AL GOVERNO: NON TOCCATE IL DIRITTO D'ASILO

COMUNICATO STAMPA Le associazioni ed enti di tutela del diritto d’asilo riunite a livello nazionale nel “Tavolo Asilo” , facendo seguito alle prese di posizione già espresse dall’UNHCR, esprimono la propria profonda preoccupazione per le proposte di modifica di alcune norme vigenti in materia di asilo e immigrazione. L’Italia, dove manca tuttora una legge organica sull’asilo, ha appena recepito, con l'emanazione di un decreto legislativo a marzo 2008 una importante direttiva dell’Unione Europea colmando così alcune gravi lacune nella sua legislazione. Tra le modifiche proposte tre sono gli aspetti che destano maggiore perplessità: a) La proposta che appare più allarmante è quella che prevede che un richiedente asilo la cui domanda sia stata respinta in prima istanza dalla commissione territoriale competente venga subito espulso dal territorio nazionale e rinviato nel Paese in cui è fuggito, anche prima che l’interessato possa presentare ricorso contro tale decisione al tribunale. In tal modo lo straniero che lamenta di subire nel suo paese una persecuzione o comunque di essere esposto a gravi rischi, verrebbe rinviato in tale paese, ove rischia la morte, il carcere, la tortura, o di subire trattamenti disumani o degradanti prima che l’autorità giudiziaria abbia emesso la propria decisione. La proposta di modifica alla normativa vigente, che ha finalmente previsto con chiarezza un effetto sospensivo ai provvedimenti di allontanamento in pendenza di giudizio si porrebbe così in netto contrasto con principi fondamentali del diritto interno ed internazionale, tra cui la Convenzione Europea sui Diritti Umani e la stessa normativa europea. In Italia vengono presentate ogni anno circa 15.000 domande d'asilo, un numero molto modesto rispetto a quello di altri paesi dell’Unione e comunque ben lontano dai timori agitati da chi parla di “invasione”. Delle domande presentate, oltre il 50% viene accolto in prima istanza e circa 1/3 di quelle rigettate viene accolto in sede giudiziaria, cosi’ mostrando l’importanza di una seconda istanza. b) Si propone di trattenere nei CPT i richiedenti asilo che hanno presentato la domanda di asilo dopo essere stati colpiti da un provvedimento di respingimento alla frontiera o di espulsione. Nei CPT i richiedenti asilo sarebbero sottoposti allo stesso trattamento di tutti gli altri stranieri in attesa di espulsione, e quindi potrebbero essere trattenuti in tali centri fino a 18 mesi. Va ricordato che, sia a Lampedusa che sul resto del territorio nazionale, a molti stranieri che stremati dal viaggio giungono nel nostro paese dopo essere fuggiti dai loro paesi per motivi di persecuzione o per sottrarsi a conflitti armati, viene spesso notificato un provvedimento di respingimento e vengono abbandonati a se stessi. c) Si propone di limitare fortemente il diritto alla circolazione dei richiedenti asilo a determinate aree. Tale proposta, oltre a suscitare dubbi sulla sua conformità con le direttive UE appare del tutto inutile tenuto conto che già la norma vigente prevede un obbligo di residenza dei richiedenti nei centri di accoglienza e potrebbe creare confusione e disservizi anche nell’organizzazione dei sistema di accoglienza. Gli enti e le associazioni del Tavolo Asilo chiedono al Governo di non procedere a modifiche del D.lgs 25/08, la cui efficacia non è stata neppure ancora sperimentata, provvedendo invece a dare tempestiva emanazione del regolamento di attuazione di tale decreto, ferma restando la possibilità che possano essere successivamente adottate precise e circostanziate misure integrative e correttive sulla base di quanto emergerà concretamente dall’implementazione del testo vigente. Amnesty International Arci ASGI Caritas Italiana Casa dei Diritti Sociali - CDS Focus Centro Astalli CFA Ex Canapificio Caserta Comunità di Sant'Egidio Consiglio Italiano per i Rifugiati Federazione Chiese Evangeliche in Italia - FCEI Medici Senza Frontiere Save the Children Senza confine Agenzia Habeshia

venerdì 16 maggio 2008

Benedetto XVI:

“Favorire il ricongiungimento familiare degli immigrati” Il Papa chiede che venga favorito il ricongiungimento familiare in caso di immigrazione e mobilità, perché la famiglia rappresenta un “fattore di integrazione”. Lo ha sottolineato Benedetto XVI, che questa mattina ha ricevuto in udienza i partecipanti alla plenaria del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti. Ratzinger ha ricordato che “l’icona della Sacra Famiglia” rappresenta il “modello delle famiglie migranti”, oltre all’”impegno ecclesiale a favore non solo della persona migrante, ma anche della sua famiglia, comunità d’amore e fattore di integrazione”. “Innanzitutto - ha detto il Santo Padre - mi piace riaffermare che la sollecitudine della Chiesa verso la famiglia migrante nulla toglie all’interesse pastorale per quella in mobilità. Anzi, questo impegno a mantenere un’unità di visione e di azione fra le due ‘ali’ (migrazione e itineranza) della mobilità umana può aiutare a comprendere la vastità del fenomeno ed essere, al tempo stesso, di stimolo a tutti per una specifica pastorale”. “Non bisogna dimenticare - ha ricordato Benedetto XVI - che la famiglia, anche quella migrante e itinerante, costituisce la cellula originaria della società, da non distruggere, ma da difendere con coraggio e pazienza. Essa rappresenta la comunità nella quale fin dall’infanzia si è formati ad adorare e amare Dio, apprendendo la grammatica dei valori umani e morali e imparando a fare buon uso della libertà nella verità. Purtroppo - ha osservato il Papa - in non poche situazioni questo avviene con difficoltà, specialmente nel caso di chi è investito dal fenomeno della mobilità umana”. “Nella sua azione di accoglienza e di dialogo con i migranti e gli itineranti - ha ricordato quindi il Pontefice - la comunità cristiana ha, come punto di riferimento costante, la persona di Cristo nostro Signore. Egli ha lasciato ai suoi discepoli una regola d’oro secondo cui impostare la propria vita: il comandamento nuovo dell’amore”. “A nessuno sfugge, infine - ha concluso il Pontefice - che la mobilità umana rappresenta, nell’attuale mondo globalizzato, una frontiera importante per la nuova evangelizzazione”.

Il Presidente della C.E.I: Sicurezza & Accoglienza

Sicurezza, Bagnasco: “Accoglienza e dignità per chi rispetta regole convivenza” Basta con gli estremismi, aiutiamo chi rispetta le regole. Il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, interviene, in un’intervista a ‘ la Repubblica’, sulla questione sicurezza in Italia e in particolare commenta i roghi a Napoli contro i campi dei rom. “Occorre neutralizzare gli estremismi - spiega - che non possono dettare legge a nessuno e non vanno considerati come la realtà totale di un popolo e occorre, in positivo, creare condizioni di accoglienza e di dignità per tutti quelli che rispettano le regole della convivenza e si impegnano per una reale integrazione”. Ma il cardinale allarga il discorso anche a tutti gli ultimi episodi di violenza, dall’intolleranza contro i rom all’omicidio di Niscemi: “Sono tutti fatti da condannare. Va espressa solidarietà a tutte le persone che subiscono violenza gratuita e incontrollata. Dopo aver condannato senza ambiguità i fenomeni, si tratta però di interpretarli alla luce di un quadro sociale più ampio, marcato da una ipoteca culturale problematica”. In particolare, Bagnasco si riferisce “alla visione antropologica di una società, che sembra afflitta da una forma cronica di individualismo che certamente favorisce e non attenua fenomeni di devianza. Deve indurre a riflessione il richiamo di Benedetto XVI - ai vescovi della Slovenia in visita ad limina - che non tutti gli umanesimi sono uguali”. Il presidente della Cei indica quindi due emergenze primarie da risolvere: l’educazione perché “senza educazione globale e sostanziosa, non ci saranno generazioni capaci di affrontare gli scenari futuri che - per effetto della globalizzazione - saranno ancor più esigenti” e il riconoscimento di un quadro di valori condivisi e certi perché “senza questa preliminare fiducia sul bene non si dà possibilità di impegnarsi e tanto meno di sacrificarsi”. “La Chiesa – ha spiegato inoltre- dialoga con tutti nella luce della fede, ma anche nella luce della ragione, che si esprime nell’esperienza universale. Per questo la Chiesa ha grande fiducia che il dialogo, che desidera con chiunque, possa avere ottimi risultati per il bene integrale della persona e della società”.

mercoledì 14 maggio 2008

Card. Renato Raffaele Martino

Martedì 13 Maggio 2008 Il Messagero di FRANCA GIANSOLDATI CITTA’ DEL VATICANO - Al cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Giustizia e Pace, viene spontaneo rileggere la Dichiarazione Universale dei diritti umani: «All’articolo 13 c’è scritto chiaro e tondo che ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato e che ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi Paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio Paese. C’è da aggiungere altro?». Il governo ha studiato un pacchetto sicurezza in cui l’immigrazione clandestina rientra tra le fattispecie di reato.. «Siamo sicuri?» Così sembrerebbe.. «Personalmente non sono affatto d’accordo con questa impostazione. Considerare reato l’immigrazione dei clandestini? Basterebbe, per l’appunto, riprendere in mano la Dichiarazione Universale che, ironia della sorte, quest’anno festeggia il suo sessantesimo anniversario. Un testo fondamentale. Mi chiedo se è possibile andare contro questo testo?» Gli italiani chiedono sicurezza e poi maggiore ordine.. «Sgombriamo il campo da equivoci. E’ evidente che occorre fare rispettare la legalità a tutti i cittadini, così come a tutti coloro che si trovano sul territorio. Uno Stato ha poi il compito di provvedere alla regolazione di flussi migratori ma in modo armonico e solidale. Non dimentichiamo che gli immigrati, per l’economia del nostro Paese, sono importanti; ovvio che mica si può dire dall’oggi a domani che non si ha più bisogno di loro. E poi c’è un altro problema legato alla denatalità». Meno male che almeno gli immigrati fanno tanti figli? «Beh le statistiche non offrono margini di dubbio. Tra 15 anni gli italiani non saranno più 57 milioni ma circa 50 milioni. Un vero e proprio disastro per il Paese che ha bisogno delle loro braccia». Due settimane fa lei è volato a Bucarest, per un summit religioso; ha avuto colloqui anche con le autorità rumene? «Ho parlato col presidente. L’ho sentito preoccupato. Ha aggiunto che l’Italia non ha regole per l’immigrazione. Io penso che non si possa demonizzare un popolo come si sta facendo con quello romeno».

Clandestini: Reato

IMMIGRAZIONE 18.2912/05/2008 Vassallo Paleologo: ''650 mila clandestini? Ce ne sono almeno altri 200-300 mila'' Secondo il docente dell'Università di Palermo vanno aggiunte alla cifra indicata dalla ricerca della Bicocca ''50 mila donne vittime di prostituzione e la quantità di regolari licenziati che hanno perduto il permesso di soggiorno'' ROMA - La legge Bossi-Fini (che non è stata modificata dal governo Prodi) produce irregolarità. Ne è assolutamente convinto Fulvio Vassallo Paleologo, docente di diritto d'asilo e immigrazione all"Università di Palermo, a cui abbiamo chiesto di commentare il censimento presentato oggi dal Sole24ore che parla di 724.026 domande di regolarizzazione relative al decreto flussi 2007 arrivate fino al 22 aprile al sistema informatico del ministero dell’Interno. Le domande, spiega Paleologo, sono presentate da datori di lavoro che hanno utilizzato come sempre avviene il decreto flussi in assenza di una forma di legalizzazione della presenza degli immigrati in Italia. "Perché non è possibile, come presuppone la legge Bossi Fini, un incontro a distanza tra domanda e offerta di lavoro. Infatti, questa legge prevede che possa entrare in Italia solo il lavoratore straniero che conosce un datore di lavoro disposto a compilare una pratica per fargli arrivare un visto di ingresso al consolato italiano nel proprio paese”. Quindi le oltre 720mila domande di datori di lavoro pronti a mettere in regola i lavoratori immigrati ci dice una volta di più che questi ultimi “sono irregolari e non clandestini e già confondere irregolari e clandestini è già una fondamentale mistificazione”. Ma se i 650 mila clandestini censiti dalla ricerca della Bicocca avevano alle spalle un datore di lavoro pronto a regolarizzarli, “c’è secondo me un numero secondo di almeno 200 mila, ma forse anche 300 mila che sono assolutamente clandestini”, spiega Vassallo Paleologo. “Ci sono infatti 50mila donne vittime di prostituzione, ma anche una grande quantità di persone che sono state regolari e hanno perduto il permesso di soggiorno perché sono state licenziate. Poiché la legge Bossi Fini prevede che dopo sei mesi dal licenziamento si perde il diritto al permesso di soggiorno, abbiamo migliaia e migliaia di persone che non avendo trovato un nuovo datore di lavoro sono irregolari”. Inoltre va sfatato il mito degli sbarchi da Sud: “dalle coste meridionali arrivano solo 20 mila persone all’anno che certo non possono produrre centinaia di migliaia di immigrati clandestini ogni anno”, spiega Vassallo Paleologo, che precisa come la gran parte degli irregolari entra con un visto turistico di tipo Schengen, poi trova un lavoro in Italia e infine diventa irregolare perché non riesce a convertire il visto. E l’Italia di questi visti “in un anno ne ha rilasciati circa 500 mila. Così se si dovesse attuare un decreto legge come quello che si prospetta in queste ore – precisa - non si arresterebbe il flusso che arriva da Sud. Il 40% di queste persone è rappresentato da richiedenti asilo e quindi il decreto che per sbarrare le rotte a Sud dovrebbe concentrarsi su 10mila persone. Al posto di affrontare il problema di 900 mila persone irregolari si spara su 10 mila persone, e mi sembra che non sia un sistema razionale”. (ap) © Copyright Redattore Sociale

martedì 6 maggio 2008

La Fame in Eritrea

La situazione alimentare in Eritrea è molto grave, si aggrava sempre di più a causa di una crisi internazionale dell'economia, caro petrolio. Ciò che peggiore il regime di Isayas Afewerki che non rallenta la sua morsa, sta stritolando la popolazione eritrea come un pitone affamato. La comunità internazionale non riesce ha risolvere la crisi al confine tra eritrea e etiopia, che dura da 10 anni. Mosè http://it.youtube. com/watch? v=HmPMvfgfTMY

venerdì 2 maggio 2008

Eritrea calls for disbanding of UN border force

Eritrea calls for disbanding of UN border force Thu 1 May 2008, 17:41 GMT [-] Text [+] By Patrick Worsnip UNITED NATIONS, May 1 (Reuters) - Eritrea, which earlier this year obliged a U.N. peacekeeping force to leave its disputed border with Ethiopia, is now calling for the Security Council to wind up the mission altogether. The demand, in a letter from the Red Sea state's permanent U.N. representative, came after the council, in a statement issued late on Wednesday, said it would consult Eritrea and Ethiopia on the future of the 1,700-strong force. The force, known as UNMEE, had patrolled the border since 2000, when a two-year war between the Horn of Africa neighbors ended. It pulled out in February, saying Eritrea had cut off fuel supplies, and most of its troops have returned to their countries of origin. Eritrea said countrywide fuel shortages had prompted the cutoff, but has made no secret of its disillusion with the United Nations for failing to enforce a border ruling by a boundary commission that favored Asmara. In its latest statement on the issue, the Security Council again condemned Eritrea for its actions but said it was "ready to assist the parties to overcome the current stalemate, taking into account the interests and concerns of both parties." "The Security Council will, in the light of consultations with the parties, decide on the terms of a future U.N. engagement and on the future of UNMEE," it said. But in a letter to the council, Eritrean Ambassador Araya Desta denounced the statement for failing to mention the ruling of the boundary commission or call on Ethiopia to withdraw its troops from "sovereign Eritrean territories. " "There is no 'stalemate' or impasse to overcome except Ethiopia's legal obligation to withdraw its troops from territories awarded to Eritrea by the ... decision of the EEBC (boundary commission), " Desta said. With the ending of the commission's work last November, Security Council requirements had been met, "necessitating for the U.N. Security Council to officially terminate the mandate of UNMEE," added the letter, made available on Thursday. SEVERAL OPTIONS Eritrean President Isaias Afwerki had said last month the continued presence of U.N. peacekeepers in a 15.5-mile (25-km) zone inside Eritrea, was illegal. Diplomats say it is the first time a country has withdrawn cooperation from a U.N. force. U.N. Secretary-General Ban Ki-moon warned in an April report that if the peacekeepers abandoned the 620-mile (1,000-km) border, a new war could break out, although both countries have said they do not plan to renew hostilities. Ban offered several options, including the permanent withdrawal of UNMEE, deploying a small observer mission in the border area, establishing liaison offices in Addis Ababa and Asmara or returning to the original full deployment. The last option, however, looks unlikely given Eritrea's stance. The now-disbanded Hague-based boundary commission had ruled that most of the border territory under dispute, including the flash-point town of Badme, belonged to Eritrea. Ethiopia has offered to hold talks with Eritrea to discuss the ruling but Asmara says Addis Ababa must first withdraw from Eritrean territory. U.N. officials say the commission, set up under a peace deal between the two countries, is not a U.N. body and hence the United Nations cannot enforce the ruling. Nonaligned diplomats say some countries on the Security Council are reluctant to antagonize Ethiopia, whose troops are currently supporting the Somali government against Islamist insurgents in Somalia. (Editing by Jackie Frank)