mercoledì 12 agosto 2009

Profughi contro il regolamento della caserma: "Sembra una prigione"

di Diego Longhin Il cancello grigio e un po' arrugginito si è riaperto dopo due ore di tour nelle camerate. Tra i primi ad uscire c'è Mohamed, somalo, alza le braccia è le incrocia. Dalla bocca esce solo una parola in inglese: jail. La caserma di via Asti per lui è come una prigione. E non è solo l´opinione di Mohamed, ma di tutto il gruppo di profughi del Darfur che ieri hanno visitato in anteprima la struttura che sarà pronta per fine agosto. «Questa sembra una prigione - dicono i rifugiati - ma noi non siamo detenuti». A non convincere non è la struttura, ma le regole che Comune e prefettura vogliono imporre. La bozza è stata consegnata ai rappresentanti dei profughi che da più di un anno occupano in maniera abusiva l´ex clinica San Paolo. Una serie di paletti, ad iniziare dal coprifuoco fissato alle 23.30, salvo problemi di lavoro che vanno comunicati per tempo. Televisione e computer spenti dopo mezzanotte. Vietato ricevere amici o conoscenti nelle camerate ed è obbligatorio comunicare dodici ore prima uscite dal centro per più giorni. Pena? Espulsione per assenze superiori ai due giorni non autorizzate. Se si condisce il tutto con la presenza dei militari all´ingresso per verificare chi entra ed esce per i profughi è meglio la clinica di corso Peschiera. «Perché tutti questi controlli? Non siamo delinquenti. Se voglio uscire la sera tardi per andare a trovare delle persone perché non posso? Meglio stare alla San Paolo», dice Yussif. La visita ha provocato una sorta di fobia da cancello chiuso, da controlli ad ogni passo. Ad accompagnare l'avanguardia di rifugiati che il 29 agosto verranno trasferiti, volenti o nolenti, in via Asti c´era l´assessore all´Assistenza, Marco Borgione, oltre a rappresentanti di questura, prefettura e delle associazioni che seguono da tempo il problema e che lavoreranno nel centro temporaneo. Tra la caserma ristrutturata e l'ex clinica San Paolo non c´è paragone, ma visto il vademecum, i profughi bocciano pure la nuova sistemazione. «Mancano le lavanderie, dobbiamo lavarci la roba a mano, c'è solo la cucina con cinque forni, ma non abbiamo visto la mensa, gli spazi nella camere dove dobbiamo dormire in dodici sono troppo stretti», dice Yasin, anche lui viene dalla Somalia. Poi è stato sollevato il problema Ramadan. Quasi in contemporanea con il trasferimento scatta il mese in cui gli islamici digiunano di giorno e mangiano solo la notte: «Come facciamo visto che si può cucinare solo dalle 6 alle 22.30?», dice un rifugiato. Comune e prefettura concederanno una deroga. La chiusura della clinica San Paolo, dove ormai ci sono 320 persone, non è in forse. Il sindaco ha già firmato l´ordinanza di sgombero e quando saranno completati i lavori di ristrutturazione ci saranno cinque giorni per organizzare il trasloco di 200 rifugiati. Le finestre dei profughi affacceranno su via Asti. Due i piani a disposizione con 18 camerate da 40 metri quadri e sei stanze dal 25 metri quadri, adatte per piccoli nuclei familiari. Venti box doccia per ciascun piano, più due locali cucina-mensa con forni e piastre. Soddisfatto Diego Castagno, vicepresidente della circoscrizione 8: «Nei prossimi giorni organizzeremo un incontro tra i due comitati di residenti, quello a favore del trasferimento dei profughi in via Asti e quello contrario, nella speranza di trovare una posizione serena e condivisa».

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