domenica 24 gennaio 2010

I destini sospesi Rifugiati a Venezia

LIBRI.Un libro raccoglie gli scritti e le storie dei profughi provenienti dai Paesi in guerra che continuano ad essere respinti dai nostri porti. Il ricavato della vendita andrà alla rete "Tuttiidirittiumanipertutti". «Non so ancora quale sogno mi riserverà il destino ma promettimi, o dio, che non lascerai che finisca la primavera». Così Zaher Rezai scriveva nel suo taccuino, al buio, nascosto dentro una cella frigorifera nel grande ventre di quella nave che da Patrasso lo portava a Venezia. «Giardiniere apri la porta del tuo giardino. Io non sono un ladro di fiori. Io stesso mi sono fatto rosa, non vado in cerca di un fiore qualsiasi». Lontano dalla guerra in Afghanistan e da quelli che i generali chiamano i suoi effetti collaterali. Lontano dalla fame, dalla miseria con solo quindici anni di vita alle spalle. «Questo mio corpo così assetato forse non arriverà all’acqua del mare». Era solo un ragazzino, Zaher Rezai, quando è finito stritolato sotto le ruote di un camion, nella banchina del porto. Cercava di eludere i controlli della polizia doganale. Quella polizia che, lui lo sapeva bene, lo avrebbe rimandato a Patrasso invece di aiutarlo e di dargli quell’assistenza umanitaria cui lui aveva due volte diritto: come profugo e come minorenne. «E se un giorno in esilio la morte deciderà di prendersi il mio corpo, chi si occuperà della mia sepoltura? Chi cucirà il mio rosario?». Le poesie di Zaher oggi sono diventate un libro: “Il porto dei destini sospesi” che raccoglie anche tutto il seminato della rete veneziana Tuttiidirittiumanipertutti cui va il merito di aver sollevato davanti ad una opinione pubblica che non vedeva o non voleva vedere, il caso dei profughi provenienti dai paesi in guerra. Profughi che rientrano a pieno titolo nella definizione di Rifugiato sancita dalla convenzione di Ginevra ma che continuano ad essere respinti - illegalmente respinti – dai porti di Venezia e di Ancona. Sono tanti come Zaher. Tanti che come lui ci hanno lasciato la pelle, oltre che la dignità, in un viaggio infernale che dura in media due o tre anni. Afghanistan, Pakistan, Turchia, Grecia e poi, nascosti nelle stive di qualche grande nave da carico, Venezia e l’Europa. Un lungo rosario di violenze, privazione e sopraffazioni. Due anni per poi venire rispediti da qualche solerte doganiere a Patrasso, in un campo profughi che pare un lager nazista, e da là ancora indietro, sino a riconsegnarti alle autorità del tuo paese natale che non ti perdoneranno di essere scappato. Indietro verso un futuro di galera, tortura, morte. Uno scrittore di cui, mi perdonerete, ho dimenticato il nome, ha osservato che al giorno d’oggi non ci sono più viaggiatori ma solo turisti. Si sbagliava. Eccoli qua i veri viaggiatori del mondo globalizzato. Il libro realizzato a più mani dagli attivisti della rete contiene, oltre alle poesie trovate nel taccuino, un fumetto di Claudio Calia, che ha raccontato con il suo stile secco ed essenziale, la storia di Zaher. La prefazione è di Gianfranco Bettin. L’introduzione dell’assessora verde alla Pace del Comune, Luana Zanella, già vicecapogruppo dei Verdi alla Camera nel corso dell’ultima legislatura con il centrosinistra al governo, che è riuscita nella non facile impresa di finanziare la stampa del volume. L’intero ricavato infatti, andrà a coprire le iniziative della rete, tra le quali, non dimentichiamolo, il ricorso al tribunale europeo, dichiarato “ammissibile” dalla corte, e che vedrà l’Italia e la Grecia nel banco degli imputati per violazione dei diritti umani. “Il porto dei destini sospesi” raccoglie anche le corrispondenze da Patrasso scritte da Alessandra Sciurba per Melting Pot quando, assieme ad altri attivisti per i diritti umani, ha raggiunto la città greca per documentare con foto, filmati ed interviste le condizioni vergognose in cui sono trattenuti i profughi in attesa del rimpatrio forzato. Il libro, la cui copertina è stata realizzata dall’artista veneziano Luigi Gardenal, è stato scritto con il preciso intento di descrivere la situazione di illegalità diventata legge grazie alle omertà, alle deresponsabilizzazioni, all’arbitrarietà e al menefreghismo che imperano in quella sorta di limbo giuridico che è diventato la frontiera portuale italiana. è un libro che scandalizza, questo. Un libro che ci fa provare la vergogna di vivere tranquilli da “questa” parte della frontiera. Che ci mette davanti agli occhi, con chiarezza, mucchi di brutte cose che non vorremmo vedere. Cose che non dovrebbero esistere perché non hanno neppure una giustificazione utilitarista e il male fatto senza scopo è ancora più cattivo. Il porto dei destini sospesi sarà presentato questa mattina alle ore 11 nella cornice di tutto rispetto dell’Ateneo Veneto, a due passi dal teatro La Fenice di Venezia. Oltre ai già citati Luana Zanella, Gianfranco Bettin e Luigi Gardenal, sarà presente, come ospite d’onore, lo scrittore Moni Ovadia. Ci saranno che gli attivisti della rete che, tra tante difficoltà, hanno voluto realizzare questo volume per dar voce a chi voce non ha e raccontare la storia di Zaher e degli altri profughi afghani. Raccontare la storia di queste dolorose e profonde ingiustizie perché altri non abbiano a patirle ancora. Sono loro, quelli che si sono occupati della sepoltura di Zaher. Sono loro che hanno cucito il suo rosario.

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