mercoledì 17 febbraio 2010

Genova apre le porte ai rifugiati

Da oltre dieci anni in città operano strutture che li ospitano: "Nessun problema di ordine pubblico, anzi molti hanno fatto fortuna qui" di Domenica Canchano Non sono clandestini né irregolari. E tanto meno vanno inclusi sotto la voce immigrati. Si chiamano rifugiati, perché scappano da guerre sanguinose e tremende, da genocidi e dittature che li hanno costretti a fuggire dal loro Paese. La loro condizione li consente di chiedere la protezione internazionale (più conosciuta con il termine Asilo), e possono ottenere tre forme di protezione: lo status di rifugiato, di protezione sussidiaria o umanitaria. A Genova, che conosce questa realtà da almeno una decina di anni accogliendo uomini, donne, nuclei familiari, e dal 2008 minori soli, si stima che più di mille persone appartenenti a più di 50 famiglie, siano passati per i Centri di Accoglienza per Richiedenti Asilo. Le loro storie sono drammatiche: torture, violenze, minacce, morti. Mohamed, nato in Afghanistan e cresciuto in Pakistan dove tuttora la famiglia vive in un campo di rifugiati, è fuggito da tutto questo. Da poco ha festeggiato il suo diciottesimo compleanno. È un ragazzo dotato: ha lavorato con una borsa di studio in una ditta di riparazioni computer, e la sera frequenta un istituto professionale. Ci tiene a precisare che: «Sono due anni e 13 giorni che mi trovo in Italia. Non dimentico il giorno in cui sono rinato». Genova si è resa disponibile a gestire il fenomeno nazionale dall´agosto 2001 con l´avvio del Progetto cittadino nell´ambito del "Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, (SPRAR). Danilo Parodi coordinatore del progetto di accoglienza del Comune di Genova spiega: «È semplicemente solidarietà nazionale. Oggi possiamo affermare che, per numero di persone seguite, è uno dei più rilevanti in Italia. Un fenomeno però che non ha mai creato alcun allarme sociale. Anzi, in molti casi e negli ultimi anni, i rifugiati sono diventati una vera risorsa per l´economia locale. Un esempio? I numerosi locali di kebab: il loro sviluppo è cresciuto grazie alla presenza dei rifugiati e al loro spirito imprenditoriale, creando lavoro per italiani e stranieri». Il buon funzionamento del sistema genovese è reso possibile grazie all´impegno di una rete locale consolidata, dove operano molti enti del privato sociale. «Sul nostro territorio – racconta Parodi - sono stati messi a disposizione 82 posti per minori, adulti e nuclei familiari e l´anno scorso sono stati accolti nel progetto 110 persone». Nel dicembre 2006 una direttiva sui minori stranieri non accompagnati richiedenti asilo, detta alcune linee alle autorità di pubblica sicurezza, incaricati di pubblico servizio, operatori sociali e sanitari per alcuni accorgimenti da adottare quando si incontra un minore, affinché i minori siano messi nella condizione di esprimersi. «A Genova il progetto è partito nel 2008 e in due anni sono emersi nell´area genovese 8 minori che hanno presentato domanda di asilo. Negli anni precedenti non si conosceva nessun caso». (17 febbraio 2010)

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