mercoledì 30 marzo 2011

In Libia è caccia agli africani del Corno d'Africa

Don Mussie Zerai, sacerdote eritreo è impegnato in prima linea a sostegno dei profughi del Corno d'Africa e denuncia le persecuzioni in Libia nei confronti dei profughi provenienti dal sub sahara
mercoledì 30 marzo 2011

L'Agenzia Habeshia per la Cooperazione allo Sviluppo si occupa di richiedenti asilo e di rifugiati provenienti dal Corno d’Africa presenti in Italia.

In questi ultimi giorni è in prima linea negli aiuti ai profughi che stanno scappando dalla Libia e sbarcano a Lampedusa. “La situazione dei profughi che seguiamo nel Nord Africa, non è mai stata facile” ci dice don Mussie presidente di Habeshia, e ci spiega perché dal 21 Febbraio la situazione è peggiorata.
Don Mussie, ci parli brevemente dell'Agenzia della quale è direttore e com’è nata.
«L'Agenzia Habeshia, nasce ufficialmente nel 2006. Dal 2003, con l'aumento dei flussi di rifugiati provenienti da Eritrea ed Etiopia, vedendo il bisogno che, i rifugiati, hanno di trovare un punto di riferimento che parli la loro lingua, che presti loro la voce per dire tutto il loro disagio e denunciare le diverse forme di discriminazioni, disservizi. Un tentativo, in sostanza, di venire incontro a centinaia di profughi provenienti dal Corno D'Africa. L'aiuto che tentiamo di dare è quello di informarli sui loro diritti e doveri in Italia, un orientamento ai servizi, cercando di essere interlocutori con le istituzioni per le istanze che presentano i profughi e rifugiati. Inoltre, Informiamo l'opinione pubblica di eventuali violazioni dei diritti umani a danno dei nostri assistiti, e denunciamo tutte le forme di violazioni dei diritti umani che avvengono in diversi paesi di transito dei profughi come il caso di Libia, Egitto e Sudan.»
Don Mussie, in seguito al precipitare degli eventi degli ultimi mesi in nord-africa, com'è la situazione per le persone che segue più da vicino?
«La situazione dei profughi che seguiamo nel Nord Africa, non è mai stata facile. Lo dimostra il fatto che già nell'estate scorsa denunciavamo i maltrattamenti brutali nelle carceri libiche nei confronti dei profughi respinti in mare dall'Europa. Da mesi stiamo denunciando il sequestro di centinaia di profughi nel Sinai in mano ai trafficanti di esseri umani che pretendono un riscatto per la loro liberazione. Dal 21 febbraio abbiamo segnalato della situazione di pericolo che stavano vivendo i profughi eritrei, etiopi e somali in Libia. In un clima di caccia all'africano del Sub Sahara, accusati di essere mercenari del regime libico, essi vengono aggrediti per le strade, cacciati fuori perfino dalle loro case in affitto, perché i proprietari non vogliono avere in casa persone ormai additate come complici del regime. Quindi è un vero clima di persecuzione, per il quale abbiamo lanciato ripetuti appelli, noi e il Vescovo di Tripoli Mons. Giovanni Martinelli, affinché fossero evacuati. L'Italia ha fatto il primo passo evacuando 110 profughi eritrei ed etiopi, la maggioranza dei quali sono famiglie con bambini. Restano ancora circa 2500 eritrei ed etiopi in Libia che cercano una via di fuga dalla guerra in atto. In queste ore centinaia di profughi tentano di raggiungere il confine tunisino per salvarsi anche dalle bombe, sperando di trovare una via di uscita con l'aiuto della Chiesa Cattolica di Tripoli. In Tunisia essi sono stati accolti dall'UNCHR, l'OIM, la Croce Rossa e Mezza Luna Rossa, ma serve un’evacuazione umanitaria dei profughi eritrei, etiopi e somali verso l'Europa, il Canada, USA, Australia dove possano trovare protezione internazionale.»
Dalle testimonianze che ha raccolto personalmente, dai suoi connazionali e non, che si trovano sul posto, intravede il rischio concreto che nel futuro prossimo la protesta si allarghi sempre più?
«Il rischio immediato intanto è che la Libia si trasformi in un altro Iraq o Afganistan, perché con i bombardamenti di forze esterne si rischia il radicalizzarsi delle posizioni delle parti in conflitto. I segnali di un allargamento della protesta ci sono in diversi paesi arabi, come Algeria, Bahrein, Siria, Yemen, sperando che il risultato finale sia una vera democrazia. C'è, però, l'incognita di deriva islamista radicale in molti di questi paesi, se la transizione non sarà gestita anche con l'aiuto della comunità internazionale, sostenendo i movimenti politici moderati impegnati sul fronte della democrazia contro ogni estremismo.»
L'atteggiamento della Chiesa ribadisce anche in questo momento i sacrosanti principi della pace e della cura dei più deboli, ma dal suo punto di vista come pensa si possa fermare il massacro costante di civili innocenti?
«Il Santo Padre Benedetto XVI ha fatto appello ai responsabili delle nazioni, impegnati nel tentativo di proteggere i civili dalla rappresaglia del regime, così come al regime libico che deve evitare di mettere in pericolo la vita dei civili. La chiesa sa che le cose non si risolvono con la guerra, l'esperienza insegna la Somalia del 1994, Iraq e Afganistan ancora oggi sono problemi irrisolti. La decisione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU di istituire la no-fly zone è positiva, ma l'interventismo militare di certi paesi rischia di ottenere l'effetto contrario, cioè gli effetti collaterali dei bombardamenti, quali la morte tra i civili, o, peggio, l'uso che sta già facendo il regime dei civili come scudi umani, per poi accusare le forze esterne del loro massacro. In un paese come la Libia con forti divisioni tribali, si deve arrivare presto ad un negoziato per la riconciliazione nazionale, con una transizione pacifica verso una democrazia "libica" non di importazione o imposta dall'occidente. Questa corsa all'intervento militare dell'Occidente quanto e dettata dagli interessi di strategia energetica? Quanto invece si pensa al bene comune del popolo libico, la sua voglia di libertà, giustizia, democrazia e pace? La mia sensazione quello che si sta notando delle resistenze o protagonismo di alcuni paesi europei, dietro a questo intervento militare pesa molto di più la voglia di garantirsi una fetta più consistente dei contratti energetici che quella di proteggere la vita dei libici o di sostenere l'aspirazione del popolo libico, di una sua sovranità libera e democratica del suo territorio. Bisogna che la coalizione rispetti rigorosamente la risoluzione dell'ONU 1970-1973, impedendo che il regime bombardi la popolazione degli insorti, ma trattando anche con tutte le tribù che compongono la popolazione libica per uscire dalla crisi in tempi ragionevoli. Inoltre, bisogna ottenere l'apertura di corridoi umanitari per rifornire del necessario gli ospedali, soccorrere la popolazione civile stremata che non ha cibo, evacuare tutti gli stranieri che vogliono lasciare la Libia, sopratutto evacuare i profughi e rifugiati che non possono tornare nel paese di origine.»
Mentre la nave San Marco continua a fare la spola tra Lampedusa e i centri d’accoglienza, del barcone con a bordo più di 300 eritrei scomparsa da giorni dopo aver chiesto soccorso, pare si sia ritrovata qualche traccia. Fanno rotta per Lampedusa, ma non sanno ancora che il paradiso sperato non è lì.

martedì 29 marzo 2011

El cura que salva refugiados de Libia con su móvil desde el Vaticano

A pocos pasos de la cúpula de San Pedro en el Vaticano, el sacerdote eritreo Mosé Zerai salva vidas de refugiados africanos que huyen en barcazas de la guerra civil en Libia con un teléfono satelitar que no para de repicar.

“Esta es la angustiosa llamada del hermano de uno que está en una balsa de la que no sabemos nada desde hace varios días”, cuenta Zerai, desde la sede del Colegio Etíopico en el Vaticano, tras una de las numerosas llamadas telefónicas que interrumpieron la charla con la AFP.

Gracias a la labor de Don Mosé, eritreo de 36 años, fundador hace cinco años de la asociación humanitaria Habeshia, 285 prófugos, la mayoría eritreos y somalíes, fueron rescatados este fin de semana tras cuatro días a la deriva en el Mediterráneo.

“Estamos en emergencia e Italia es el único país que ayuda”, admite el religioso, que desde hace años solicita a la comunidad internacional el desmantelamiento de los campos de prófugos en Libia, donde vivían hacinados unos 10.000 etíopes, somalíes y eritreos que huían de guerras y conflictos en sus propios países.

Ahora su mayor preocupación son las embarcaciones con cientos de ellos, algunas de las cuales han desembarcado en Lampedusa, la isla siciliana que está colapsada por la presencia de más de 6.000 inmigrantes norafricanos.

“Europa se encierra en una barricada. Muchas veces lo hemos dicho: no es construyendo muros que se resuelve el problema”, sostiene el sacerdote, que recibe llamadas desesperadas desde las barcazas en las que piden socorro.

“Tengo que agradecer a Italia, porque puso a disposición un avión de la aeronáutica para evacuar a 110 eritreos y somalíes. Ningún país de Europa lo ha hecho pese a los llamados hechos a la comunidad internacional”, sostiene Zerai.

Gracias a sus insistentes pedidos a la guardia costera, a organismos internacionales y autoridades políticas, el religioso logró el sábado el prodigio de salvar la vida de una recién nacida en una de las balsas.

“Fue como un milagro de Dios. Ahora la niña, de nombre Yeabsera (Don de Dios), de madre etíope y padre eritreo, podrá crecer aquí. Si le conceden a los padres el estatuto de refugiados podría pedir inclusive la ciudadanía italiana en cinco años”, asegura.

Este drama conmovió a los italianos, que han donado trajes, pañales y alimentos para la bebé.

“No me siento el salvador del mundo, actúo según mi consciencia”, reconoce el religioso, que emigró hace veinte años a Italia, donde estudió teología y entró al sacerdocio.

“Sé lo que quiere decir ser emigrante, porque lo viví en carne propia”, contó Zerai, quien realizó todo tipo de trabajos humildes antes de decidir entrar al sacerdocio.

“Me fui de mi país cuando salimos de la dictadura por un deseo de libertad. Vivíamos en un clima de miedo y sospecha recíproco. Por ello buscábamos la libertad”, recuerda.

“Ahora Europa está cerrada, anuncia la construcción de muros y firma acuerdos para impedir que lleguen refugiados, por lo que terminan en países en los que están expuestos a peligros y maltrato, como en Libia y Egipto”, sostiene.

“Recibo cientos de pedidos diarios. Acabamos de lanzar una campaña a favor de 400 prófugos que se encuentran secuestrados en el desierto del Sinai en manos de traficantes”, agrega.

Para el religioso, países ricos como Estados Unidos, Canadá y Australia están en condiciones de abrir sus puertas.

“Hay que superar el egoísmo de los Estados, que defienden sus privilegios o se dejan influir por la opinión pública del momento. No se puede dar vuelta a la escala de valores en base a la opinión pública. Hay valores incuestionables”, tranzó.

Afp

http://www.lapatilla.com/site/2011/03/29/el-cura-que-salva-refugiados-de-libia-con-su-movil-desde-el-vaticano/

"L'Italia si occupi dei profughi africani": l'appello di don Mosè che raccoglie gli Sos dei disperati del mare

di Antonella Loi

Il gommone potrebbe essere arrivato a Malta. Ma potrebbe essere ancora alla deriva? "Quando mi hanno chiamato erano alla deriva. A me hanno raccontato che stavano finendo la benzina, già stremati dalla fame e dalla sete. Il gommone inoltre, mentre era in movimento, imbarcava acqua: con una falla nello scafo e senza benzina può essere un dramma".
Il 25 marzo lei aveva ricevuto un altro Sos per un barcone con a bordo 350 profughi che poi, sappiamo, è arrivato a Lampedusa. Lei ha detto che i migranti hanno raccontato di essere stati avvicinati e poi abbandonati da una nave della Nato in acque internazionali. Com'è andata? "Quel barcone per fortuna è arrivato ieri a Lampedusa. A bordo c'erano 285 persone. La donna che ha partorito sull'imbarcazione era una di loro. Dalle testimonianze so che sono stati avvicinati da una nave canadese. Io personalmente avevo già lanciato l'allarme avvisando la guardia costiera della presenza a bordo di una partoriente e di una donna incinta che stava male e che poi sappiamo ha perso il bambino. Evidentemente la capitaneria ha avvisato le navi nelle vicinanze, tra cui le navi Nato che si trovavano in zona".
La nave canadese ha prestato assistenza ai profughi? "Stando a quanto mi hanno raccontato questa nave si è avvicinata, gli ha dato qualche biscotto, un po' d'acqua e ha cercato di sistemare al meglio il motore in avaria. Dopodiché li ha lasciati andare senza soccorrerli e prenderli a bordo. Loro chiaramente dicono: il nostro barcone sta imbarcando acqua, chiediamo soccorso e voi ci abbandonate? I canadesi sostengono di non averli abbandonati e di averli scortati. Ma a bordo non li hanno presi e, dicono i profughi, sono spariti".
Lei qualche giorno si è appellato all'Italia "perché sia un Paese d'accoglienza". Da quello che sta succedendo in questi giorni, da quello che vediamo a Lampedusa, possiamo dire l'Italia stia agendo bene? "In questo momento di crisi, con la situazione difficile che c'è in tutto il Nord Africa, non si può fare a meno di essere accoglienti. Giustamente lunedì il presidente della Repubblica ha detto 'ricordiamoci del nostro passato, anche noi siamo stati un popolo di migranti'. E' giusto quindi che l'Italia risponda all'emergenza, ma non è giusto che l'Italia rimanga da sola: non è un'emergenza solo italiana".
E' un problema che l'Italia deve condividere con gli altri Paesi europei? "Certo, con l'intera Unione europea. Per questo io ho fatto più volte appello anche al Parlamento europeo e alla Commissione chiedendo di prendere in carico, già prima che cominciassero gli arrivi dei barconi, i profughi somali e eritrei che si trovano ospiti in Libia grazie all'Alto commissariato per i rifugiati Onu. Avevamo chiesto l'evacuazione programmata nel senso che queste persone venissero messe in salvo. Hanno diritto a sicurezza e protezione perché richiedenti asilo".
Donne e uomini che non possono tornare nei loro Paesi d'origine. "Infatti, stiamo parlando di rifugiati. Ancora oggi chiediamo che venga fatta un'evacuazione di tutti coloro che sono ancora in Libia. Ma ce ne sono tanti altri che sono fuggiti da Tripoli e si trovano in Tunisia. Molti altri sono andati verso la Cirenaica e adesso si trovano al confine con l'Egitto, accampati alla meglio in attesa che qualcuno venga ad evacuarli. Chiediamo che queste persone vengano portate via con mezzi legali, che non siano costrette di nuovo a mettersi nelle mani di questi trafficanti che li caricano sui barconi e li affidano drammaticamente al mare".
29 marzo 2011

Chi fugge da una guerra non va criminalisato!

Immigrati, l'emergenza giuridica. Procuratore di Agrigento: non abbiamo mezzi per indagare i clandestini

Renato Di NataleRenato Di Natale
ultimo aggiornamento: 29 marzo, ore 12:56
Palermo - (Adnkronos) - Tecnicamente tutti i migranti sbarcati in questi giorni, al loro ingresso in Italia risultano clandestini e vanno iscritti obbligatoriamente nel registro degli indagati per immigrazione clandestina, come vuole la legge Bossi-Fini. Ma la Procura di Agrigento, competente per territorio, non ha potuto farlo perché, denuncia Di Natale, "mancano sia le risorse umane che i computer"
Palermo, 29 mar. - (Adnkronos) - La nuova massiccia ondata di sbarchi di immigrati sull'isola di Lampedusa, oltre 18.500 dal primo gennaio, non è solo un'emergenza umanitaria ma anche giuridica. Tecnicamente tutti i migranti arrivati dal Nordafrica e negli ultimi giorni anche dall'Eritrea e dalla Somalia al loro ingresso in Italia risultano clandestini, quindi vanno iscritti obbligatoriamente nel registro degli indagati per immigrazione clandestina, come vuole la legge Bossi-Fini. Ma la Procura di Agrigento, competente per territorio, non ha potuto farlo perché "mancano sia le risorse umane che i computer".

E' la denuncia del Procuratore di Agrigento, Renato Di Natale che spiega all'Adnkronos: "L'iscrizione nel registro degli indagati per gli oltre 18.000 immigrati è obbligatoria ma materialmente è impossibile. Non avremmo la capacità di poterli iscrivere tutti". Il Procuratore propone, quindi, di "scaglionare le iscrizioni dei migranti nelle varie Procure delle città in cui gli extracomunitari verranno smistati".
"E' un problema molto serio - aggiunge il Procuratore Di Natale - e non sappiamo come affrontarlo. D'altro canto, l'iscrizione è obbligatoria e dovuta, come prevede la legge, e non possiamo non farla perché sarebbe un'omissione d'ufficio. Noi cerchaimo di afrontare la situazione con tutte le nostre forze, ma come si fa?". Il procuratore Di Natale, che già deve fare i conti con una Procura all'osso, dice anche che "qualunque altra Procura in Italia, comprese quelle di Milano o di Roma, si sarebbero trovate nella nostra stessa situazione. Il problema va affrontato al più presto".
Molti degli immigrati non andrebbero iscritti nel registro degli indagati solo per immigrazione clandestina, ma anche per dichiarazioni di false generalità e omissione di documenti d'identità. Alcuni di loro avranno poi lo status di rifugiato politico, ma intanto tutti indagati. Ma 18.500 iscrizione "sono troppi, come si possono iscrivere nel registro?'', si chiede ancora il capo della Procura agrigentina.

UNHCR: Briefing bisettimanale alla stampa

29 marzo 2011

LIBIA: DUEMILA IN FUGA DALLA VIOLENZA VERSO ITALIA E MALTA

Negli ultimi quattro giorni sono arrivate in Europa le prime imbarcazioni provenienti dalla Libia dall’inizio del conflitto nel paese nordafricano. Circa 2.000 cittadini non di nazionalità libica sono fuggiti a bordo di imbarcazioni da Tripoli e arrivati in Italia e a Malta, estendendo la capacità di accoglienza per persone con possibili bisogni di protezione internazionale.

Cinque le imbarcazioni arrivate in Italia dalla notte di sabato scorso, con a bordo complessivamente 1.484 persone. Due invece quelle approdate lunedì a Malta, con a bordo 535 persone. Sono in maggioranza cittadini eritrei, somali – fra i quali molte donne e bambini - ma anche etiopici, sudanesi e cittadini di altri stati. Finora non risulta vi siano cittadini libici fra gli arrivati.

La prima imbarcazione ha sbarcato i propri passeggeri sull’isola di Linosa, 50 chilometri a nordest di Lampedusa. Altre due sono approdate domenica, sempre a Linosa, dove i passeggeri sono stati fatti sbarcare per poi essere trasportati in Sicilia in traghetto. È di questa mattina presto, poi, l’arrivo di altre due barche, in Sicilia e a Lampedusa.

Una donna ha partorito mentre era ancora in mare, in attesa di essere soccorsa, altre due hanno invece subito interruzioni di gravidanza a causa delle traversie in mare o dopo essere sbarcate a Linosa. La maggior parte dei nuovi arrivati ha dovuto trascorrere la notte all’aperto, lo scorso fine settimana, prima di essere trasferiti in strutture d’accoglienza sul territorio siciliano.

Dalla Libia arrivano indicazioni di nuovi possibili arrivi e l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) sta preparando piani d’emergenza, in collaborazione con le autorità italiane e maltesi e con la Croce Rossa. Questa mattina circolavano notizie non confermate su diverse imbarcazioni con a bordo altre persone in fuga dalla Libia, che si troverebbero in difficoltà nel Mediterraneo.

Con l’arrivo di migliaia di tunisini - circa 19.000 dalla metà di gennaio, soprattutto giovani uomini in cerca di lavoro - la capacità d’accoglienza dell’isola di Lampedusa è sotto pressione. Circa 13.000 di loro sono stati trasferiti in centri d’accoglienza in Sicilia e sul territorio continentale italiano, ma 6.000 si trovano ancora sull’isola, superando in quantità i 5.000 lampedusani.

L’incessante flusso dalla Tunisia - composto in maggioranza da persone che non cercano protezione internazionale - sta mettendo a dura prova la capacità dell’Italia di gestire l’arrivo di richiedenti asilo e rifugiati in fuga dalla violenza in Libia. L’UNHCR rivolge un appello alle istituzioni dell’Unione Europea e agli stati membri affinché sostengano l’Italia nel far fronte a queste nuove sfide.

L’Alto Commissariato esprime poi profonda gratitudine all’Italia e a Malta per l’accoglienza delle persone in arrivo dalla Libia ed esorta gli altri paesi dell’Unione a dimostrare solidarietà con questi paesi di frontiera.

Altre informazioni sugli arrivi dalla Libia negli stati confinanti

Nella giornata di domenica 27 marzo, le autorità per l’immigrazione egiziane hanno registrato l’entrata sul proprio territorio di 2.055 persone provenienti dalla Libia, attraverso la frontiera di Salloum. Tra loro 367 egiziani, 1.154 libici, 184 nigerini, 121 ciadiani, 88 sudanesi e 46 siriani. Nello stesso giorno - dicono le autorità tunisine - 906 persone provenienti dalla Libia hanno attraversato la frontiera di Ras Djir. Gli egiziani erano 207, i bangladesi 206, i ciadiani 136 e gli eritrei 134.

Oltre agli arrivi in Italia e a Malta, fino a domenica 27 marzo le persone fuggite dalla violenza in Libia erano 381.888, delle quali 193.783 in Tunisia (19.541 tunisini e 23.184 i libici tra loro), 156.471 in Egitto (79.020 gli egiziani e 32.679 i libici), 15.647 in Niger (14.698 i nigerini), 9.987 in Algeria (via terra, via mare e in aereo), 3.200 in Ciad e 2.800 in Sudan.

Profughi e richiedenti asilo politico Eritrei non Clandestini.

Sbarcano oltre 500 clandestini a Modica, sono i primi
29 marzo 2011 - 09:20
MODICA / Sono stati avvistati al largo di Marina di Modica gli oltre 500 eritrei clandestini che viaggiavano su una barca di legno di circa 30 metri. Partiti dalla Libia, i clandestini -tra di loro anche donne e bambini -hanno affrontato in condizioni critiche più di un giorno e mezzo di viaggio. Intervenuti immediatamente per le prime cure i soccorritori, che hanno riscontrato principalmente sintomi di assideramento sugli uomini che hanno tentato di raggiungere la riva a nuoto.
Con loro anche gli agenti di polizia, che, cercando di individuare gli scafisti responsabili del viaggio della speranza, hanno provveduto subito al fotosegnalamento dei clandestini. Intanto, sei persone sono state trasportate all’ ospedale Maggiore di Modica per degli accertamenti, mentre tutti gli altri sono stati trasportati nel centro di prima accoglienza del porto di Pozzallo.
http://www.cronacalive.it/sbarcano-oltre-500-clandestini-a-modica-sono-i-primi.html

Primi arrivi a Malta

Cosa sta succedendo? Vogliamo capirci meglio.

Dalla Libia a Mineo - Cronaca della deportazione dei 542 eritrei sbarcati a Linosa

di Germana Garceffo, Borderline Sicilia ONLUS

Porto Empedocle – 28.3.11 – h. 0:26 Intorno a mezzanotte arriva la nave di linea Siremar al molo di Porto Empedocle. Ci sono a bordo 540 Eritrei arrivati da Linosa. Li fanno scendere e li caricano 45 alla volta sui bus diretti a Mineo. Sono donne e circa 20 bambini (una decina neonati). Sulla banchina alcuni Eritrei della comunità agrigentina li guardano sfilare nella speranza di rintracciare amici o parenti di amici. “Una persona si è sentita male” dice un poliziotto. Altre due persone sono già state portate di corsa in ospedale ad Agrigento in autoambulanza non appena la nave è attraccata.
Porto Empedocle – 28.3.11 – h. 0:50 Ad accusare un malore è una donna. Intervengono gli operatori di Save the Children poco più in là, davanti ad una ambulanza con una interprete eritrea reperita sul posto tra gli spettatori del carico di esseri umani. Gli altri eritrei sono ancora sul ponte della nave ad assistere dall’alto alle operazioni di carico che tra poco interesseranno anche loro. Sul terzo bus caricano ancora donne, nuclei familiari e minori. I bus non partono, ma rimangono in fila, poco più distante, all’interno della zona portuale in attesa che terminino le operazioni di trasbordo dell’intero carico di Eritrei. Un poliziotto si avvicina ai colleghi addetti ai bus avvertendo che “i prossimi sono pericolosi”, con l’ordine di sistemarli uno per ogni fila di sedili in fondo al bus. Molti sono giovanissimi. Tutti hanno con sé un paio di scarpe ed alcuni anche una coperta o un cambio di abiti in sacchetti trasparenti. Corre voce che la donna si è sentita male perché troppo debole. Nessuno tocca cibo (e forse acqua) dalla mattina. Sembra che stiano per interrompere le operazioni di carico per distribuire loro latte liofilizzato e biscotti. In realtà distribuiranno del cibo soltanto a chi si è sentito male. Il cibo destinato agli altri, insieme a delle cassette di acqua, viene caricato nei portabagagli di ciascuno dei bus dagli operatori della Protezione civile. Nel frattempo altri Eritrei sono fatti salire sul quarto bus.
Porto Empedocle – 28.3.11 – h. 1:14 Anche sul quarto bus sembra che salgano tantissimi minori. Polizia e Carabinieri addetti alle operazioni di carico indossano mascherine e guanti monouso. Nessun Eritreo è stato ancora identificato, né tantomeno ha potuto chiedere asilo o esprimere la volontà di farlo. Su ciascun bus al termine del carico, salgono due operatori delle organizzazioni di Praesidium per informare le persone della loro destinazione e distribuire loro un pieghevole, illustrativo dei loro diritti. Qualcuno arriva al bus zoppicando, forse per lo stremo delle forze. Molti hanno addosso un asciugamano per difendersi dal freddo. Tutti indossano per lo più indumenti estivi. All’arrivo di ogni bus sono decine le manovre compiute per mettere in sicurezza il corridoio che collega la nave ai pullman ed impedire ogni eventuale tentativo di fuga.
Porto Empedocle – 28.3.11 – h. 1:22 In tutto sono 9 i bus impiegati nelle operazioni di trasferimento. Sull’ultimo verranno caricati anche gli Eritrei che sono stati accompagnati in ospedale all’arrivo della nave al porto. Un ragazzo non si regge in piedi. Raggiunge il pullman sorretto da due compagni di viaggio. Save the Chiledren individua i primi minori, chiedendo che vengano trasferiti altrove. Una responsabile della sicurezza (probabilmente della Questura di Agrigento) dispone di mandarli con gli adulti a Mineo. “Poi se ne occuperanno loro.” Un’altra persona sulla nave accusa un malore. Nessuno interviene.
Porto Empedocle – 28.3.11 – h. 1:29 Gli autisti dei bus indossano una mascherina. Nel frattempo arrivano notizie dall’ospedale di Agrigento. Le persone inviate al pronto soccorso sono state dimesse e stanno rientrando al porto per essere caricate sul’ultimo autobus per Mineo. Un poliziotto chiede con tutta calma ad un collega di far intervenire qualcuno della CR in soccorso della persona che si è sentita male sulla nave. Non chiede l’intervento di un medico ma l’invio di una barella “a sacco”. L’intervento continua a tardare. Il poliziotto allora si dirige di corsa verso l’hangar. Davanti all’imbocco della nave arrivano 3 operatori della protezione civile. Chiedono se c’è qualcuno che si sente male. I poliziotti presenti sul posto si guardano intorno con fare interrogativo. Poi qualcun altro grida che sta arrivando un’ambulanza. I 3 della PC salgono sulla nave. Non si vede arrivare ancora nessun soccorso.
Porto Empedocle – 28.3.11 – h. 1:43 Dopo 14 minuti non è intervenuta alcuna ambulanza. Un operatore della CR davanti all’imbocco della nave chiede dove sia l’ammalato. Nessuno gli risponde. Si dirige al primo piano dell’imbarcazione. Nessuno degli operatori di pubblica sicurezza si scompone. Da terra vedo passare sul ponte più basso una barella “a sacco” con sopra una persona trasportata da i tre operatori della PC e l’uomo della CR appena intervenuto. L’ammalato viene portato a terra. C’è un problema. L’ammalato rallenta le operazioni di trasferimento degli Eritrei. Davanti all’imbocco della nave, dove è in attesa l’autoambulanza, un poliziotto avverte un suo superiore, che si trova poco distante, che quel malato “è disteso non si può muovere”. Finalmente dopo 18 minuti viene caricato in ambulanza. L’operatore della CR grida al poliziotto che stanno procedendo a trasferire l’uomo in ospedale. Il poliziotto risponde “no, no. Che dici!” Un altro poliziotto ordina “Si, vai.” E finalmente l’autoambulanza dopo circa 20 minuti parte.
Porto Empedocle – 28.3.11 – h. 2:11 Nell’hangar adiacente al porto ci sono in tutto 4 persone, tre donne e 1 uomo. Una delle donne è sotto osservazione perché ha accusato minacce di aborto. Sono quelli che nel corso delle operazioni hanno accusato malori, ritenuti non gravi da parte del medico del presidio portuale. Intanto sull’ultimo bus vengono fatti salire dai carabinieri due ragazzi che erano rimasti sulla nave nascosti chissà dove. Nel frattempo un altro ragazzo si sente male dentro uno degli autobus disposti in fila indiana pronti per la partenza. Viene fatto scendere dal pullman. L’autoambulanza si trova lì di fronte. Interviene il medico del presidio. Lo conosco. Si tratta di un dirigente amministrativo dell’azienda ospedaliera San Giovanni di Dio. Il dottore dispone l’immediato trasferimento presso l’ospedale di Agrigento. Nel frattempo, dati i contrattempi, il comando delle operazioni ha disposto la partenza dei primi 5 pullman, che si allontanano dal porto verso Mineo scortati da diversi blindati della polizia. Alle ore 2:14 rimangono ancora 4 bus, incerti sull’orario della partenza. Devono essere caricati tutti. Delle persone dimesse dall’ospedale nessuna traccia. Dentro i pullman ancora fermi minori e adulti. Tutti stremati da un viaggio durato dei giorni e terminato a Linosa neanche 24 ore prima. Senza cibo, né acqua, dopo essere partiti da Linosa alle 14 del giorno prima. E ancora chissà quante ore di viaggio da affrontare. Senza un medico ad assisterli nel lungo percorso stradale, via Gela, che li condurrà a Mineo,. E senza sapere che questo è solo l’inizio del sistema “Accoglienza Italia”.
[ martedì 29 marzo 2011 ]
http://www.meltingpot.org/articolo16579.html

lunedì 28 marzo 2011

SOS 68 profughi dispersi da ieri non danno notizia

Siamo fortemente preoccupati per la sorte dei 68 profughi eritrei, donne bambini, già ieri tardo pomeriggio ci hanno riferito che sono partiti venerdì sera ore 22.00 circa da Tripoli. La persona al telefono riferiva la situazione di pericolo per mancanza di cibo e acqua, la poca carburante a disposizione con il rischio di restare fermi in balia del mare. Ultime notizie davano a circa 60 miglia dalle coste libiche, in acque internazionali che nessuno intende intervenire. Chiediamo alle navi della NATO presenti in zona di fare tutto il possibile per verificare le reali condizioni di questi profughi e metterli in salvo. Si facciano prevalere il motivo umanitario su quelli burocratiche o politiche che ostacolano un eventuale intervento nelle acque internazionali, anche di competenza "libiche", in queste ore drammatiche nessuna autorità libica risponde a questa emergenza in mare. Chiediamo in oltre l'Agenzia Frontex impegni le sue risorse in queste ore di emergenza per salvare vite umane, il Parlamento Europeo fornisca maggiori mezzi di soccorso per fronteggiare questa crisi umanitaria. Bisogna cercare soluzione per superare questa fase critica con un progetto di evacuazione programmata dalle zone di crisi di profughi in fugga da guerre e persecuzioni come nel caso di Africani Sub Sahariani dalla Libia. Serve una apertura di un corridoio umanitario in Libia che permetta una evacuazione dei profughi intrappolati a Tripoli, per evitare il rischio di chi in queste ore sta rischiando la vita in mare. Evitare anche il traffico di esseri umani che in queste ore sta approfittando di tutta la crisi del Nord Africa per guadagnare sulla pelle dei disperati.

Don Mussie Zerai

We are very concerned about the fate of the 68 Eritrean refugees, women, children, late afternoon yesterday, we were told that they left Friday night around 22:00 hours from Tripoli. The person on the phone referring to the imminent danger from lack of food and water, the little fuel available to the risk of standing still at the mercy of the sea. Latest news gave about 60 miles from the Libyan coast, in international waters that no attempt to intervene. We call on NATO ships in the area to do everything possible to verify the actual conditions of these refugees and to safety. Let reason prevail over humanitarian ones bureaucratic policies that impede a possible intervention in international waters, even the responsibility, "the Libyan" in this tragic time any Libyan authorities respond to this emergency at sea. We ask in Frontex commitments beyond its resources at this time of emergency to save lives, the European Parliament provides more emergency vehicles to address this humanitarian crisis. We must seek solutions to overcome this critical stage of a project planned evacuation from the areas of refugee crisis in fleeing war and persecution as in the case of Sub-Saharan Africans in Libya. Need an opening of a humanitarian corridor in Libya that allowed for evacuation of refugees trapped in Tripoli, to avoid the risk of those who at this moment are risking their lives at sea. Also avoid the traffic of human beings at this time is taking advantage of all the crises in North Africa to earn the skin of the desperate. Fr. Mussie Zerai

io non respingo, io accolgo

Nelle ultime ore iniziano ad arrivare dalla Libia sulle coste italiane i profughi del Corno d'Africa che dal maggio 2009 avevamo respinto in collaborazione con Gheddafi.

Nei giorni scorsi abbiamo parlato al telefono con una di loro, bloccata insieme a suo figlio di un anno e mezzo in una casa di Tripoli.

Qui è pubblicata la sua testimonianza

Chiediamo all'Italia di aiutare i profughi del Corno d'Africa a scappare dalla Libia e ad avere protezione umanitaria nel nostro Paese.

Firma l'appello di Amnesty (link)

Leggi l'articolo di Andrea Segre - In attesa dell'estinzione? (link a mio sito: http://andreasegre.blogspot.com/2011/03/in-attesa-dellestinzione.html)

domenica 27 marzo 2011

Hundreds of lives of refugees fleeing from Libya rescued

We express our gratitude to all those involved from day to help refugees fleeing war in Libya. We express our gratitude for the fact that Italy continues to express its solidarity with those hours made all the refugees who are landing on Italian shores. We thank all the men and women committed to welcome and assist the Italian coast guard, all military and civilian services are doing in Lampedusa and other parts where they are transferred to the refugees arrived. In these times many refugee families are at sea with bated breath, I personally am in continuous contact with the Italian Coast Guard to report the requests for help that I arrive in my contacts I have always found these people available and professionals ready to intervene to save the lives of hundreds of human beings. Yesterday, the case of the 284 displaced Eritreans, Ethiopians and Somalis, a happy ending after day we were with bated breath for the critical conditions besetting their boat. The woman who gave birth in the boat later rescued by a helicopter providing the necessary assistance and sorry for the other woman who lost her baby. In these few minutes there are two barges loaded with other refugees fleeing from Tripoli, who are already receiving the relief we feel to thank all humanitarian workers involved in these hours, even men and women of the police and Interior Ministry . Italy shows her face in human and compassionate these days accept all these refugees from North Africa, we also know that there are many others without means still trapped in Libya, others fled to Egypt and Tunisia with the hope that any European state's welcome, evacuated from camps where they are now on the border between Egypt and Libya on the border between Tunisia and Libya. We call on the solidarity of the EU states in this dramatic moment, we are asking member states to accept refugees Eritreans, Ethiopians and Somalis who are in desperate conditions in Libya, Egypt and Tunisia. Fr. Mussie Zerai

Centinaia di Vite di Profughi in fugga dalla Libia messi in salvo

Esprimiamo tutta la nostra riconoscenza, a tutte quelle persone da giorni impegnati a soccorrere profughi in fugga dalla guerra in Libia.

La nostra gratitudine che esprimiamo per il fatto che l’Italia continua ad esprimere la sua solidarietà fattiva in queste ore con tutti i profughi che stanno sbarcando nelle coste italiane. Ringraziamo tutti gli uomini e le donne impegnate per accogliere ed assistere, la guardia costiera italiana, tutti i militari e civili che stanno svolgendo servizio a Lampedusa e in altre parti dove vengono trasferiti i profughi arrivati. In queste ore molte famiglie dei profughi in mare sono con il fiato sospeso, personalmente sono in continuo contatto con la guardia costiera italiana per segnalare le richieste di aiuto che mi arrivano, in questi miei contatti ho sempre trovato persone disponibili e professionisti pronti ad intervenire per salvare le vite di centinaia di esseri umani. Ieri il caso dei 284 profughi eritrei, etiopi e somali, un lieto fine dopo giorni che siamo stati con il fiato sospeso per le condizioni critiche in cui versava la loro imbarcazione. La donna che ha partorito nel barcone successivamente soccorsa da un elicottero offrendo la necessaria assistenza, dispiace per l’altra donna che perso il suo bambino. In questi minuti ci sono altre due barconi carichi di altri profughi in fuga da Tripoli, che stanno già ricevendo il soccorso sentiamo il di ringraziare tutti gli operatori umanitari, impegnati in queste ore anche uomini e donne delle forze dell’Ordine e Ministero dell’Interno.

L’Italia mostra il suo volto umano e solidale in questi giorni accogliendo tutti questi profughi in fuga dal Nord Africa, sappiamo anche che ci sono molti altri privi di mezzi ancora intrappolati in Libia, altri fuggiti verso l’Egitto e la Tunisia con la speranza che qualche stato europeo gli accolga, evacuandoli dai campi profughi dove si trovano ora al confine tra Egitto e Libia o al confine tra Tunisia e Libia.

Facciamo appello alla solidarietà degli Stati dell’Unione Europea in questo drammatico momento, chiediamo a gli stati membri di accogliere i profughi eritrei, etiopi e somali che si trovano in condizione disperate in Libia, Egitto e Tunisia.

Don Mussie Zerai

venerdì 25 marzo 2011

Barconi Carichi di Profughi nel Mediterranio

Da giorni si susseguendo notizie di 3-4 barconi carichi di profughi partiti da Tripoli, sappiamo per certo di uno dei barconi con circa 300 persone partito qualche giorno fa e tornata in dietro al porto di Tripoli per guasto al motore, sta mattina ci hanno contattato di un barcone partito sta notte verso le 02.30 sono circa 350 persone maggioranza eritrei, che abbiamo segnalato alla Guardia Costiera Italiana. Siamo preoccupati per le notizie dei barconi che non si trovano. Molti profughi eritrei, etiopi e somali spinti dalla disperazione pur di fuggire dalla guerra in atto.

giovedì 24 marzo 2011

EU to admit Africans from Libya

By Toby Vogel
24.03.2011 / 16:24 CET
Member states and European Commission will meet tomorrow to discuss fate of thousands of Africans who have fled Libya.
A number of Africans who have fled the violence in Libya but cannot return to their home countries may soon be allowed to travel to the EU, Cecilia Malmström, the European commissioner for home affairs, has said.
Speaking to reporters after returning from Egypt today (24 March), Malmström said that several member states were willing to consider relocating Eritreans, Sudanese and Ethiopians who are unable to return home for fear of persecution. She said that “a few thousand” Africans, most of them from Eritrea, were stranded in Tunisia and up to 270 were in Egypt.
Malmström announced that the European Commission would hold an exploratory meeting tomorrow with member states and the United Nations refugee agency, the UNHCR.
EU interior ministers are to discuss the EU's response to possible large-scale migration from north Africa at a meeting on 11 April. EU leaders at a summit in Brussels today and tomorrow will also briefly discuss the matter.
Malmström left it open whether the Africans would be given refugee status or some form of temporary protection, and declined to say which member states had signalled their willingness to admit the Africans. She said that it was up to the member states to decide how many refugees they would admit and what status they would offer them.
Roberto Maroni, Italy's interior minister, had earlier this month said that Italy was in principle willing to receive around 2,000 Eritrean Catholics stuck in Libya, and small groups have since been evacuated to Italy. There have been reports of attacks by insurgents against sub-Saharan Africans who are suspected of being mercenaries for the regime of Muammar Qaddafi.
Under an Italian agreement with Libya that took effect early in 2009, Italy summarily returned Eritreans and other interdicted migrants to Libya without assessing whether they were in need of international protection. It is not clear whether the group now stuck in Tunisia includes such cases.
A group of Somalis and Eritreans has filed a case against Italy before the European Court of Human Rights. A first hearing is scheduled for June.

martedì 22 marzo 2011

Appello urgente in favore dei rifugiati Eritrei, Etiopi e Somali nei campi profughi in Tunisia

On. Franco Frattini e On. Roberto Maroni

Siamo grati per l'atto umanitario nei confronti di 110 rifugiati eritrei - etiopi fatti arrivare a Crotone nelle settimane scorse da Tripoli con un aereo dell’aeronautica militare italiana, attualmente ospitati nel Centro di Sant’Anna per richiedenti asilo.

La nostra gratitudine che esprimiamo per il fatto che l’Italia sia stato il primo paese europeo a trasferire un gruppo di rifugiati che erano intrappolati a Tripoli da settimane e ringraziamo tutti gli attori impegnati in questa operazione, tra cui il Vescovo di Tripoli, l’ambasciata italiana, l’aeronautica e i Ministeri degli Esteri e dell’Interno.

Anche se per il momento riguarda un gruppo relativamente ristretto di rifugiati, lo consideriamo l’operazione un importante gesto umanitario nei confronti di persone che non possono essere rimpatriate, che vivevano in Libia nella paura di subire attacchi e che non potevano neppure raggiungere il confine con la Tunisia.

L’appello urgente lanciato da Monsignor Giovanni Martinelli, vescovo cattolico a Tripoli, per l’evacuazione umanitaria di circa 2500 rifugiati eritrei etiopi dalla Libia. I rifugiati eritrei, etiopi in queste ore stanno lasciando Tripoli verso la Tunisia, la maggioranza di loro, avevano come unico punto di riferimento l’Episcopio di Tripoli, nel centro della città, dove ricevono compatibilmente con la situazione contingente anche assistenza materiale. Queste persone, ancor più degli altri cittadini stranieri presenti in Libia, si vedono intrappolate, senza possibilità di rimpatriare e senza possibilità di raggiungere l’Europa o altri paesi di rifugio e temono per la loro vita.

Don Mussie Zerai, in costante contatto con i profughi in fugga da Tripoli, si rivolge oggi al Consiglio dell’Unione Europea, alla Commissione Europea e al Governo italiano affinché al più presto i rifugiati siano trasferiti in vari Stati dell’Unione Europea, e chiediamo ai Governi di mettere a disposizione quote per poter procedere tempestivamente al trasferimento dai campi profughi della Tunisia.

Indipendentemente dall’evolversi della situazione in tutto il Nord Africa e nelle aree circostanti, i rifugiati eritrei, etiopi sono bersagliati in tutti i modi come nemici anche in queste ore che tentano di lasciare la Libia. Non hanno alcun permesso di residenza e nessun diritto garantito anche in Tunisia, la loro permanenza nei campi profughi richiederà una soluzione urgente prima che si manifestino episodi di intolleranza, da parte della popolazione Tunisina che in questo momento sta accogliendo tutti con grande generosità. “Facciamo appello alla solidarietà dell’Italia e degli altri Stati dell’Unione Europea in questo drammatico momento”, chiediamo ulteriore sforzo all'Italia anche in sede europea di sollecitare gli stati membri ad accogliere questi profughi eritrei, etiopi e somali che si trovano in condizione disperate.

Don Mussie Zerai