sabato 17 marzo 2018

La Valigia della Vita


Non una valigia come tante altre, sgualcita e usurata ai bordi e con la lampo mal funzionante e maledettamente incastrata in un lembo sottile di tessuto. Non una valigia come tante altre, destinata ad un viaggio tanto desiderato in terre remote o tropicali, dalle quali porteremo a casa preziosi souvenir da donare a conoscenti per sfoggiare palesemente l’affetto provato. Non una valigia come tante altre, colma di vestiti che conservano ancora straordinariamente l’odore di costosi profumi che inebriano l’aria circostante, permettendoci di essere diversi e contraddistinguibili. Una valigia diversa, soprattutto per il contenuto custodito al suo interno, la Vita di un bambino. La mano salda di un uomo sembra afferrare e avvinghiare completamente il manico, manifestando esplicitamente il timore e l’angoscia che susseguendosi rapidamente non lasciano tregua. Una creatura sembra riposare tranquillamente, assaporando poche ore di sonno mentre l’uomo incede con un passo cadenzato e scandito. Cerca di conferire stabilità ed equilibro all’oggetto che impugna. Dicono che da piccoli ci si addormenti ovunque. Nonostante il cielo stesse profondando, nonostante il ricordo del fischio delle bombe lanciate e scagliate contro la loro terra fosse ancora inesorabilmente vivo e presente nella loro memoria, nonostante il tempo sembrava essersi definitivamente fermato, nonostante la vita sembrava  non avesse più un senso, quel bambino era riuscito ad addormentarsi. La foto è stata scattata alla periferia di Damasco e documenta l’esodo da un quartiere di nome Ghouta, dove sono morte cento persone sotto le bombe di Assad. Un padre e un figlio. Soli, senza fissa dimora, senza cibo, senza certezze, senza speranza, senza una parte della loro famiglia che non è riuscita a sopravvivere a quel conflitto bellico rimanendo sommersa e incastrata nelle macerie delle loro stesse abitazioni che, sprofondando, avevano sepolto le loro vite. La crudeltà, la brutalità dell’uomo si trasforma in immagini che appaiono ai nostri occhi con una marcata dose di violenza in grado di scalfire le nostre anime e il nostro sentimento. Aylan, Omran, questi sono solo alcuni dei nomi di persone divenute parte integrante della nostra condizione esistenziale in seguito a eventi catastrofici che hanno mutato le nostre coscienze, costringendoci a fare i conti con il nostro sistema di pensiero, costringendoci ad assumere e adottare una posizione maggiormente comprensiva nei confronti dei profughi, costringendoci a specchiarci negli occhi di chi perde la vita fuggendo dalla propria terra natia, costringendoci a essere uomini e donne in grado di far fronte a problematiche che ciclicamente si ripresentano nel tempo. Domani probabilmente ci scorderemo di questa immagine, domani tutto ritornerà come prima. Probabilmente penseremo a noi stessi, alle nostre preoccupazioni, alla nostra volontà di realizzarci spegnendo i sogni degli altri, al nostro infinito desiderio di essere persone celebri. Domani tutto ritornerà all'assoluta monotonia che solo una vita vissuta senza emozioni, sentimenti e passioni possiede. Ci sveglieremo e trascorreremo la Domenica insieme ai nostri famigliari, guardando la nostra fiction televisiva preferita. In Siria domani un bambino si sveglierà, si accorgerà forse di aver dormito in una scomoda valigia utilizzata in modo improvvisato come una culla di modeste dimensioni, vedrà suo padre con il volto rigato dalle lacrime e penserà che da quel momento la sua vita non sarà mai più la stessa.
Per Sempre.

Francesco Pivetta



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